La Rivoluzione del Pigiama

Ore 14:00. Fuori, novembre fa lo sbruffone: sole che spacca, cielo da cartolina, foglie che danzano come in un film di Wes Anderson – per chi non lo sapesse, è quel regista che dipinge il mondo in colori pastello, incornicia tutto con simmetria ossessiva (inquadrature dall’alto o da altezza ginocchio, con vasi, lampade e valigie vintage in primo piano a fare da cornice), e racconta storie con dialoghi descrittivi, ironia secca e un’atmosfera sognante da cartolina surreale.

Ecco, oggi sembra proprio un suo set: alberi allineati, nuvole perfette, passanti in posa. Dentro? Io, in pigiama a pois (sì, quello con l’elastico molle da tre anni), capelli da “appena uscita da un tornado” e la faccia di chi ha dormito a rate. Sveglia ogni ora, come un orologio svizzero posseduto: tic-tac, apri gli occhi, gira, sospira, riaddormentati… ops, no, è già l’una, le tre...le quattro ahiii. Colpa della luna piena, ovviamente. Quella sfera traditrice che ieri notte splendeva come un faro da discoteca cosmica, trasformando il mio letto in una giostra per insonni.:Ecco..la Luna Piena mi ha condannata al divano (e io ringrazio).

Steiner, se fosse qui, probabilmente alzerebbe un sopracciglio antroposofico e direbbe: “Il corpo eterico è in subbuglio, cara, la luna influenza i fluidi vitali ...aaah non è pigrizia, è cosmologia!”. O qualcosa del genere, perché lui vedeva l’uomo come un’antenna ambulante per le forze lunari, solari e chissà cos’altro. Io, meno poeticamente, vedo solo che il mio corpo ha alzato bandiera bianca: “Ue, fermati. Oggi no. Divano sì.” E chi sono io per discutere con un organo che mi tiene in vita da decenni?

Sono ore che cerco di “tirarmi in quadro”, come direbbe mia nonna. Doccia? Magari dopo. Caffè? Ne ho già bevuti tre, e l’unico effetto è che ora tremo come un chihuahua incallito. Fuori il richiamo del sole è insistente  “Vieni, cammina, vivi!”  ma il divano risponde con un sussurro da sirena: “Resta. Netflix. Coperta. Zero giudizi.” ...e vince lui, ovvio. Perché a volte la lentezza non è una scelta filosofica alla Kundera o un manifesto slow-living da Instagram: è un obbligo corporale, un “stai ferma o ti spengo tutto” in stile sciopero sindacale degli organi interni.

Capisco ora quei filosofi che decantano il dolce far niente ... o meglio, il dolce non poter fare niente. Il corpo non chiede permesso: impone. E noi, poveri umani iperattivi, lo interpretiamo come colpa, pigrizia, fallimento. “Alle 14 ancora in pigiama? Vergogna!” Ma no: è saggezza involontaria. È il sistema che dice: “Hai corso per settimane, ora paga il conto.” E il conto si salda in orizzontale, con un cuscino sotto la testa e la luce del sole che filtra dalla finestra, tipo effetto spa low-cost... inquadratura dall’alto, simmetrica, con tazza di tè in primo piano e un libro aperto come comparsa perfetta.

Forse è questo il vero lusso dell’età adulta: riconoscere che fermarsi non è resa, è manutenzione. Steiner parlerebbe di ritmo cosmico, di allinearsi alle forze vitali invece di combatterle. Io parlo di pigiama e divano, ma il concetto è lo stesso.

Quindi sì, oggi la giornata parte alle 14:30. Magari alle 15. O mai. Il sole splende, la luna ride, e io resto qui, in pigiama, stanca, ma finalmente in pace con la mia rivoluzione lenta. In un mondo che corre, il mio atto ribelle è un’inquadratura statica: io, centrata, simmetrica, in pigiama. Fine scena.

E tu? Quando è stata l’ultima volta che hai lasciato vincere il divano senza sentirti in colpa? (Senza filtri, senza simmetria, solo verità.)

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