Che bella la giovinezza...quella fase gloriosa in cui “uscire” significava buttarsi in un calderone di corpi sudati, musica a volume da terremoto e cocktail che sapevano di disinfettante per pavimenti. A vent’anni eri un supereroe sociale: amici a palate, serate infinite, la convinzione che più caos = più vita. Poi succede...arriva l’età, quella traditrice che ti sussurra “e se stasera restassimo sul divano con un tè e un libro?” e puff, il tuo superpotere si trasforma in un super-rifiuto per qualsiasi cosa superi i 60 decibel o i 10 invitati. Benvenuti nel club dei “diversamente estroversi”, dove la discoteca è un ricordo da museo e la cena a casa con tre amici selezionati è il nuovo Capodanno.
Succede così, senza preavviso. Un giorno ti ritrovi a scansare inviti come un ninja schiva frecce: “Sabato? Festa in 200 al locale figo? Grazie, ma ho un appuntamento imperdibile con il mio pigiama”. Le cerchie si restringono come maglioni lavati a 90 gradi...e meno male, perché less is more, dicono gli inglesi, e finalmente capisci che non è un motto da minimalisti snob, ma una legge di sopravvivenza. A vent’anni eri il re del “tutti amici di tutti”: il compagno di banco, il barista, quel tizio che ti ha chiesto l’accendino una volta. Risultato? Una rubrica telefonica da call center e serate passate a fingere interesse per aneddoti di gente che, col senno di poi, meritava al massimo un “ciao” in ascensore.
Col tempo, la scrematura diventa un’arte. Gli amici si riducono a una manciata e scopri che è una benedizione. Meno drammi, meno “ti ricordi quella volta che…”, meno obblighi di sorridere a chi ti ha deluso più volte di un abbonamento Netflix in scadenza. Rudolf Steiner, quel genio antroposofico che vedeva l’uomo come un’orchestra cosmica, lo aveva intuito secoli fa: l’ambiente umano è fondamentale per l’evoluzione dell’anima. Nelle sue conferenze sull’educazione e la vita sociale, insisteva che circondarsi delle persone giuste non è snobismo, ma igiene spirituale. “L’uomo si sviluppa attraverso le relazioni che nutrono il suo Io”, diceva più o meno.. parafrasando, perché citarlo testualmente rovinerebbe il mio sarcasmo. Traduzione: se hai intorno vibrazioni tossiche, il tuo spirito finisce per sembrare un’insalata lasciata in frigo troppo a lungo. Meglio pochi, ma giusti, che un esercito di conoscenti pronti a prosciugarti l’energia come vampiri in saldo.
E la tranquillità? Oh, quella diventa la nuova rockstar. A trentacinque anni suonati (per molti anche prima), il silenzio è sexy. Una cena casalinga magari con quel amico che non ti chiede “tutto bene?” ogni due minuti, vale più di mille shot in un locale dove sudi come in una sauna finlandese. Niente code per il bagno, niente conversazioni urlate sopra la musica assordante, niente rimpianti la mattina dopo tipo “perché ho ballato su quel tavolo?”. Solo chiacchiere vere, risate senza filtri e la libertà di andare a letto alle 22:30 senza essere giudicati. Chaos? Grazie, ma preferiamo il caos interiore (almeno quello lo controlliamo noi, magari con un buon vino).
Insomma, invecchiare non è una condanna: è una promozione a curatore del proprio museo personale. Impari a scegliere con cura chi entra ma non per elitismo, per amor proprio. Steiner applaudirebbe: l’evoluzione non è accumulare, è raffinare. E se a vent’anni eri un magazzino di relazioni, ora sei una galleria d’arte con poche opere, ma tutte capolavori.
Alla prossima cena a casa, allora. Porta il dolce, ma lascia il caos fuori dalla porta.
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