Ringrazio di cuore chi mi ha suggerito questo tema, perché la fiducia è davvero uno dei pilastri invisibili delle nostre vite. Non si vede, non si tocca, eppure regge ponti immensi: amicizie, amori, collaborazioni, persino la nostra capacità di affidarci alla vita stessa.
La fiducia è fragile. Si costruisce con piccoli gesti quotidiani, con coerenza, con presenza. Ma può crollare in un attimo, a volte per un tradimento evidente, altre volte per una piccola crepa che, con il tempo, diventa voragine. Ed è proprio lì che ci rendiamo conto di quanto fosse preziosa: quando manca, tutto appare più duro, più freddo, più distante.
Riconquistare la fiducia è un cammino difficile. Non basta dire “scusami”, non basta promettere. La fiducia non si impone e non si compra: si guadagna di nuovo, lentamente, passo dopo passo. È come un vaso rotto che non torna mai identico, ma può essere ricomposto con cura, magari diventando persino più unico, come nella tecnica giapponese del kintsugi, dove le fratture vengono riparate con l’oro.
Chi ha ferito deve avere il coraggio di accogliere il dolore dell’altro senza giustificazioni, imparando ad ascoltare senza difendersi. Servono azioni concrete, coerenza, gesti quotidiani che dimostrino verità e presenza. Non promesse, ma fatti. La fiducia ha bisogno di tempo, e il tempo diventa il terreno su cui fioriscono le prove sincere. È un nutrimento lento, fatto di sincerità e di scelte trasparenti.
Eppure, c’è un ultimo passaggio, forse il più importante: imparare a fidarsi di nuovo, nonostante tutto. Perché a volte tenere chiuse le porte per paura di essere feriti ci protegge, ma ci toglie anche la possibilità di vivere davvero. Non significa dimenticare, né farsi ciechi, ma scegliere di non rinunciare alla bellezza che nasce dal lasciarsi incontrare ancora.
La fiducia è un dono reciproco, fragile come il cristallo ma potente come la luce. Ed è forse uno dei più grandi atti di coraggio che possiamo compiere: dire all’altro, dopo tutto, “mi affido di nuovo a te”.
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