Impara a dire No

Dire di no sembra la cosa più banale del mondo, solo due letterine minuscole.. N-O, eppure per troppi di noi è un’impresa più complicata che fare arrampicata in infradito e con lo zaino pieno di sensi di colpa. Ci hanno cresciuti a suon di “sii gentile, non fare storie, se dici sì sei una persona perbene”, così siamo diventati distributori automatici di disponibilità, anche quando dentro sentiamo un urlo primordiale che spaccherebbe i vetri. E alla fine, a furia di dire sì a chiunque respiri, finiamo per dire un gigantesco, grasso, inequivocabile no a noi stessi. Benvenuti nel club dei sì-dipendenti: esausti cronici, frustrati seriali e campioni mondiali di “ma perché cavolo l’ho fatto di nuovo?”.

Accetti la cena con gente che ti fa addormentare già all’antipasto, copri il turno al collega che “ha un impegno” (leggi: aperitivo prolungato), vai alla rimpatriata familiare dove finisci a pelare patate per un reggimento, e poi torni a casa, ti guardi allo specchio e ti chiedi chi sia quel fantasma con le occhiaie che ti fissa: sei tu, versione fotocopia sbiadita dopo la millesima copia.

Ogni sì strappato a forza è una piccola traditrice che ti ruba energia, ti gonfia di rabbia repressa e ti trasforma piano piano in un santino incazzato nero. Il peggio è che gli altri nemmeno se ne accorgono: per loro sei semplicemente “quello sempre disponibile”. Grazie mille, eh.

Imparare a dire no non ti rende egoista, ti rende adulto con la spina dorsale ancora attaccata. Un no chiaro, gentile e fermo vale più di mille sì masticati a denti stretti e con la faccia da funerale. È rispetto verso di te e, sorpresa delle sorprese, anche verso gli altri, perché un sì finto è solo una bugia profumata di cortesia.

Qualche esempio così non dici che è teoria da libro: il collega ti chiede di coprirgli il turno perché “deve andare dal dentista” (il sesto dentista dell’anno) e tu rispondi “mi dispiace, sono già al limite, stavolta proprio non ce la faccio”; non sei cattivo, sei vivo e con la batteria sopra il 10%. L’amica insiste per uscire e tu sogni solo divano e serie, quindi “stasera ho bisogno di ricaricare le pile, ci vediamo la prossima”; non la stai scaricando, le stai regalando la versione di te che non sbadiglia ogni tre minuti. La famiglia ti carica di “piccoli favori” che insieme pesano come un TIR e tu finalmente “quest’anno il pranzo lo organizzate voi, io passo solo a mangiare”; non è ribellione, è sopravvivenza con un filo di eleganza.

Dire sempre sì ti svuota come una batteria al 3% in pieno inverno, ti allontana da chi sei davvero e ti trasforma in una versione stanca, risentita e decisamente falsa di te stesso. E il paradosso più comico è che alla fine chi ti sta intorno riceve molto meno di te, perché gli arriva solo la tua maschera esausta con il sorriso finto incorporato.

Come scriveva Nietzsche: «Il segreto per raccogliere la più grande fecondità e il più grande godimento dall’esistenza è vivere pericolosamente!» E vivere pericolosamente, a volte, significa proprio rischiare di deludere qualcuno per non tradire se stessi ogni santo giorno della tua unica, preziosissima vita.

Il no è coraggio puro, è amore verso di te, è il biglietto d’ingresso per una vita che finalmente assomigli a te e non a un’agenda altrui. La prossima volta che stai per sputare un sì con la gola stretta, ricordati: un no ben piazzato oggi ti salva da un “mannaggia se…” fra vent’anni in terapia.

E ora dimmi. quando è stata l’ultima volta che hai detto no senza sentirti un mostro? Raccontamelo nei commenti… oppure continua pure a dire sì a tutto e ci rivediamo direttamente sul lettino dello psicologo, promesso. 😏

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